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Tre

by Ismael

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Fulvio Galvani
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Fulvio Galvani E' un capolavoro che tutti dovrebbero conoscere. Favorite track: Se non a te.
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1.
Palinka 03:00
Quando ci guarderemo in faccia e ci diremo: «È tardi» sarà qualcosa di già visto e risaputo Qualcosa che scopriremo di esserci detti da anni e avremmo potuto e voluto tacere Affezionati, vigliacchi, ai nostri sogni perfetti che ci volevano vivi, e illusi e diversi E forse no, non ci guarderemo in faccia e ce ne andremo altrove ognuno convinto che sia stato l’altro a muovere il passo che è senza ritorno. E no, non ci guarderemo in faccia quando ci renderemo conto che nel dire «È tardi» il nostro passato andrà tutto svuotato E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità inventate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità ostentate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità montate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità stentate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità inventate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità avventate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità ostentate E resterà fatto di sbagli, e rinunce, e felicità sventate E niente altro.
2.
Hai la mia uva più dolce, mia piccola volpe, e un bel letto di paglia. Tu mangi quando ne ho voglia. Io sono triste e son sola, mia piccola volpe, non c’è chi consola il mio vuoto, e le colpe che il mondo mi abbatte sul collo. La trappola è stretta sull’osso, è la solitudine ch’è sanguinante bisogna far fronte anche a questo, mia piccola volpe, è così... Leccami, accoglimi dopo che son stata assente, che preda di lupo mi devo straziare, e del tempo presente che mi mangia il cuore. Dimmi che cosa ti manca per farmi felice, che cosa ti dice il tuo fiuto di volpe, se quando ti guardo io son contenta, e se ti accarezzo tu vieni, tu vieni così... Hai la mia uva più dolce e un bel letto di paglia finché ne avrò voglia mia piccola volpe, lo vedi, la vita ci ha presi così.
3.
Le tre 04:00
Di pomeriggio, dopo le tre Esci da casa sua, e piove. C’è quell’odore di polvere. C’era una frase, non sai dov’è. Gli hai detto: «Grazie.» - «Non c’è di che.» La pioggia batte la cenere. C’era una gioia che ora non c’è quel pomeriggio, dopo le tre. (La pioggia lava le lettere non è leggero da leggere).
4.
Andiamo 04:40
Hai dato il polso per un braccialetto e un bel vestito per uno stretto per un po’ d’affetto hai dato il tuo vestito per le tue braccia hai ricevuto un dito Dopo la festa com’è che ti senti com’è che ti senti com’è che ti senti che cosa ti resta fra chi si riempie la bocca di risa e di sentimenti di confessioni e tormenti, e niente più che ti tocca, neanche i complimenti. E un invito per una minaccia e la dolcezza per andare a caccia e la tua faccia per una carezza e il ritorno per l’incertezza Dopo la festa com’è che ti senti com’è che ti senti che cosa ti resta, e di che cosa ti penti d’aver riempito la bocca e rovinato il tuo tempio e questo adesso ti tocca, perciò prendi il tuo scempio, e te ne vai via. E la pienezza per il contorno e il balcone per il soggiorno e il perdigiorno per lo spaccone e il tuo sonno per un’occasione. Dopo esserti arresa com’è che ti senti com’è che ti senti cos’è che ti ha offesa e ti rimane fra i denti e ti ha insozzato la bocca e hai regalato il tuo tempio e questo adesso ti tocca, perciò prendi il tuo scempio, e te ne vai via.
5.
Per ore, senza alcun motivo lei ha disegnato un cigno con il carbone su un pezzo di cartone, china nel centro del pavimento e il carbone si assottigliava e diventava polvere. Cercava il semplice piacere di rivederlo ancora. Ma lui non viene, e non può venire, e lei non sa proprio come farlo tornare E la memoria, a usarla troppo si consuma più del carbone. Ma adesso conosce il cigno nero la curva di serpente del suo collo, e il suo corpo a forma di foglia, di un’ala, e una mano aperta, e di un cuore E ha incatenato su carta queste immagini, e le chiama cigno. E dopo, dopo lei si è alzata con le mani impolverate, piene di polvere nera, sollevando le braccia vuote verso il cielo vuoto, mentre usciva a camminare attraverso strade distrutte.
6.
Se non a te 04:58
Ti ho vista vestita di bianco immobile, supina, braccia stese lungo il fianco occhi chiusi scivolare sul fiume fiorito - la zattera è il tetto di lamiera della cabina di un camion rubato a una fiera di motori, e io mi chiedo per quale tipo di cerimonia l’acqua scorra tra rive di fiori. E come un monaco omicida con un coltello sul pavimento intaglio nel legno la mia lezione - segno per segno, finché s’incida tutta la rabbia e la disperazione la mia preghiera per la purezza che ti liberi dal dolore che ti protegga dal dolore. A chi se non a te? A chi? Se non a te, a chi? Per proteggere le tue veglie dall’urlo della civetta che è l’urlo di un bimbo azzoppato e viene dal limbo della disgrazia e so che sarebbe giusto proteggere i tuoi sogni quando finalmente dormi, scacciare via la notte - e so che questo non è giusto - se la notte è il tuo posto, e non il mio. E ciò che non voglio più essere e ciò che non sono mai stato per venire a portarti via dev’essere tutto attraversato per proteggerti dalle auto dal correre buio e disperato ma in parte anche da ciò che tu vuoi e so che questo non vale e non posso ed è sbagliato. A chi se non a te? A chi? Se non a te, a chi? E recitare i nomi dei fiori e imparare le mie preghiere per quel che posso e per quel che vale e per quel che vale, ne vale la pena e infine offrirti una misera altalena come piccolo letto nuziale.
7.
Quello che calpesti si indurisce. Quello che accarezzi si frantuma. Quello per cui piangi non ti aiuta. Quello per cui fremi non ti serve. Quello che tu chiedi mentre preghi, stai attento, certe volte può venirti consegnato. Quello per cui menti non ti crede. Quello per cui giochi non ti vale. Quello che colpisci, certe volte illividisce e si mette a sanguinare. Quel che hai dato per scontato, stai attento, certe volte può costarti molto caro.
8.
Ti vedo che prepari le tue scatole, le borse - lo spazzolino, i trucchi, i tuoi quaderni, con i tuoi concetti fermi - tutto quello che è deciso già da tempo, e non dipende più da noi, e non lo è dipeso mai, e lo sappiamo. E questi spostamenti di oggetti, che tu continui a fare, piano, riempiono la stanza del tuo odore, e intimidiscono la mia felicità e la tua, che hanno un futuro di poche ore, di poche ore. Dovremmo essere bravi ad ingannare il buio, uscirne del tutto diversi. Però noi due facciamo il paio: noi sappiamo sempre dove siamo, al buio, e questo è splendido, però è anche un guaio, forse anche un guaio. Dovremmo consultare qualche oracolo ma che io conosca, l’unico è lontano, ad Amsterdam, ed è la testa di un bisonte appesa al muro di un pub, e te lo giuro, parla davvero. Tu che vai verso Nord, facci un pensiero. E con le tue fossette ai lati della bocca, adesso ridi, e con i denti apri il pacchetto di biscotti che ho comperato apposta, non so neanche se son buoni, poi usciamo - e vorrei dire: «Nuotiamo, lasciando un po’ di anni su ogni sponda che tocchiamo, fino a permetterci di usare la parola che fa rima, e non diciamo.» Vedila dal lato giusto, ci diciamo, invece. Non dovremo mai vederci che cambiamo. Non dovremo mai far finta che ci piace anche la fine che ci va bene. Sai, come quando la sera, sorridente e compìto il meccanico ti dice: «Erano guai se non me ne accorgevo!», e ti mette in mano un pezzo arrugginito e ti dice che era quello che è partito e non andava, ed era il tuo: «Lo vedi, quel segno nero?» E tu lo sai, che non è vero. E tu lo sai che non è vero. E tu lo sai che non è vero.
9.
10.
S’arrampicavano le bestie sopra i muri E ricrescevano le piante morte ieri Si fidanzavano le gatte con i cani e ci stupivano le gemme sopra i rami, uno sciupìo, una fotta di fiorire, che sembra urlare di quelle accoglienze da segnare in calendario, le manie di far per forza effetto, e io pensando a questo, io, lo so, ci provo a esser contento, fosse in me ci riuscirei. Si risvegliavano le tombe e i cimiteri e ci assalivano le viole coi pensieri, S’allontanavano le ingiurie e i tempi duri S’arrampicavano le bestie sopra i muri, e più nessuna voglia in verità, ma più una scontentezza, anche piacevole, con cui si stava bene anche a finestre chiuse, pensando che di là, le cose eran più belle, come fossero lontane, lontane ancor di più, la commemorazione delle cose che riceverle davvero non si può.
11.
Tutto è spento. Io e te, in silenzio ad ascoltare la neve che cade. (Il rumore che fa mentre cade). Tienimi qui, ancora, ancora, ancora, perché se no andremo a casa e là non ci sarà la neve, ma buio soltanto, e accanto un vuoto che non sa di niente.

credits

released June 12, 2014

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Ismael Reggio Emilia, Italy

Gli Ismael sono una rock band reggiana che ad oggi ha pubblicato quattro album e un EP, caratterizzati dalle liriche di Sandro Campani (voce e chitarra del gruppo e scrittore con tre pubblicazioni all'attivo) che incontrano le trame sonore rock e folk del resto della band (Giulia Manenti, Barbara Morini, Luigi Del Villano, Piwy Del Villano). ... more

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