1. |
Palinka
03:00
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Quando
ci guarderemo in faccia
e ci diremo: «È tardi»
sarà qualcosa di già visto e risaputo
Qualcosa che scopriremo
di esserci detti da anni
e avremmo potuto e voluto
tacere
Affezionati, vigliacchi,
ai nostri sogni perfetti
che ci volevano vivi, e illusi
e diversi
E forse no, non ci guarderemo in faccia
e ce ne andremo altrove
ognuno convinto che sia stato l’altro
a muovere il passo che è senza ritorno.
E no, non ci guarderemo in faccia
quando ci renderemo conto
che nel dire «È tardi» il nostro passato
andrà tutto svuotato
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità inventate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità ostentate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità montate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità stentate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità inventate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità avventate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità ostentate
E resterà fatto di sbagli, e rinunce,
e felicità sventate
E niente altro.
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2. |
Canzone della volpe
03:38
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Hai la mia uva più dolce,
mia piccola volpe,
e un bel letto di paglia.
Tu mangi quando ne ho voglia.
Io sono triste e son sola,
mia piccola volpe,
non c’è chi consola
il mio vuoto, e le colpe
che il mondo mi abbatte sul collo.
La trappola è stretta
sull’osso, è la solitudine
ch’è sanguinante
bisogna far fronte
anche a questo, mia piccola volpe,
è così...
Leccami, accoglimi dopo
che son stata assente,
che preda di lupo
mi devo straziare,
e del tempo presente
che mi mangia il cuore.
Dimmi che cosa ti manca
per farmi felice,
che cosa ti dice
il tuo fiuto di volpe,
se quando ti guardo
io son contenta,
e se ti accarezzo
tu vieni, tu vieni
così...
Hai la mia uva più dolce
e un bel letto di paglia
finché ne avrò voglia
mia piccola volpe,
lo vedi,
la vita ci ha presi
così.
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3. |
Le tre
04:00
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Di pomeriggio, dopo le tre
Esci da casa sua, e piove.
C’è quell’odore di polvere.
C’era una frase, non sai dov’è.
Gli hai detto: «Grazie.» - «Non c’è di che.»
La pioggia batte la cenere.
C’era una gioia che ora non c’è
quel pomeriggio, dopo le tre.
(La pioggia lava le lettere
non è leggero da leggere).
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4. |
Andiamo
04:40
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Hai dato il polso per un braccialetto
e un bel vestito per uno stretto
per un po’ d’affetto hai dato il tuo vestito
per le tue braccia hai ricevuto un dito
Dopo la festa
com’è che ti senti
com’è che ti senti
com’è che ti senti
che cosa ti resta
fra chi si riempie la bocca
di risa e di sentimenti
di confessioni e tormenti,
e niente più che ti tocca,
neanche i complimenti.
E un invito per una minaccia
e la dolcezza per andare a caccia
e la tua faccia per una carezza
e il ritorno per l’incertezza
Dopo la festa
com’è che ti senti
com’è che ti senti
che cosa ti resta,
e di che cosa ti penti
d’aver riempito la bocca
e rovinato il tuo tempio
e questo adesso ti tocca,
perciò prendi il tuo scempio,
e te ne vai via.
E la pienezza per il contorno
e il balcone per il soggiorno
e il perdigiorno per lo spaccone
e il tuo sonno per un’occasione.
Dopo esserti arresa
com’è che ti senti
com’è che ti senti
cos’è che ti ha offesa
e ti rimane fra i denti
e ti ha insozzato la bocca
e hai regalato il tuo tempio
e questo adesso ti tocca,
perciò prendi il tuo scempio,
e te ne vai via.
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5. |
Canzone del cigno
05:10
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Per ore,
senza alcun motivo
lei ha disegnato un cigno
con il carbone
su un pezzo di cartone,
china nel centro
del pavimento
e il carbone si assottigliava
e diventava
polvere.
Cercava
il semplice piacere
di rivederlo ancora.
Ma lui non viene,
e non può venire,
e lei non sa proprio
come farlo tornare
E la memoria, a usarla troppo
si consuma
più del carbone.
Ma adesso
conosce il cigno nero
la curva di serpente del suo collo,
e il suo corpo
a forma di foglia,
di un’ala, e una mano aperta,
e di un cuore
E ha incatenato su carta
queste immagini,
e le chiama cigno.
E dopo,
dopo lei si è alzata
con le mani impolverate,
piene di polvere nera,
sollevando le braccia vuote
verso il cielo vuoto,
mentre usciva
a camminare
attraverso strade
distrutte.
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6. |
Se non a te
04:58
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Ti ho vista vestita di bianco
immobile, supina,
braccia stese lungo il fianco
occhi chiusi
scivolare sul fiume fiorito -
la zattera è il tetto di lamiera
della cabina di un camion rubato
a una fiera di motori, e io mi chiedo
per quale tipo di cerimonia
l’acqua scorra tra rive di fiori.
E come un monaco omicida
con un coltello sul pavimento
intaglio nel legno la mia lezione -
segno per segno, finché s’incida
tutta la rabbia
e la disperazione
la mia preghiera per la purezza
che ti liberi dal dolore
che ti protegga dal dolore.
A chi
se non a te?
A chi?
Se non a te,
a chi?
Per proteggere le tue veglie
dall’urlo della civetta
che è l’urlo di un bimbo azzoppato
e viene dal limbo della disgrazia
e so che sarebbe giusto
proteggere i tuoi sogni
quando finalmente dormi,
scacciare via la notte -
e so che questo non è giusto -
se la notte è il tuo posto, e non il mio.
E ciò che non voglio più essere
e ciò che non sono mai stato
per venire a portarti via
dev’essere tutto attraversato
per proteggerti dalle auto
dal correre buio e disperato
ma in parte anche da ciò che tu vuoi
e so che questo non vale e non posso
ed è sbagliato.
A chi
se non a te?
A chi?
Se non a te,
a chi?
E recitare i nomi dei fiori
e imparare le mie preghiere
per quel che posso e per quel che vale
e per quel che vale,
ne vale la pena
e infine offrirti una misera altalena
come piccolo letto nuziale.
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7. |
Canzone per quello
02:29
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Quello che calpesti si indurisce.
Quello che accarezzi si frantuma.
Quello per cui piangi non ti aiuta.
Quello per cui fremi non ti serve.
Quello che tu chiedi mentre preghi, stai attento,
certe volte può venirti consegnato.
Quello per cui menti non ti crede.
Quello per cui giochi non ti vale.
Quello che colpisci, certe volte
illividisce e si mette a sanguinare.
Quel che hai dato per scontato, stai attento,
certe volte può costarti molto caro.
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8. |
Canzone del bisonte
04:04
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Ti vedo che prepari le tue scatole, le borse -
lo spazzolino, i trucchi,
i tuoi quaderni, con i tuoi concetti fermi -
tutto quello che è deciso già da tempo,
e non dipende più da noi,
e non lo è dipeso mai,
e lo sappiamo.
E questi spostamenti di oggetti,
che tu continui a fare, piano,
riempiono la stanza del tuo odore,
e intimidiscono
la mia felicità e la tua,
che hanno un futuro
di poche ore,
di poche ore.
Dovremmo essere bravi
ad ingannare il buio,
uscirne del tutto diversi.
Però noi due facciamo il paio:
noi sappiamo sempre dove siamo, al buio,
e questo è splendido,
però è anche un guaio,
forse anche un guaio.
Dovremmo consultare qualche oracolo
ma che io conosca, l’unico
è lontano, ad Amsterdam, ed è la testa
di un bisonte appesa al muro
di un pub, e te lo giuro,
parla davvero.
Tu che vai verso Nord,
facci un pensiero.
E con le tue fossette ai lati della bocca,
adesso ridi, e con i denti
apri il pacchetto di biscotti
che ho comperato apposta,
non so neanche se son buoni,
poi usciamo -
e vorrei dire: «Nuotiamo,
lasciando un po’ di anni su ogni sponda che tocchiamo,
fino a permetterci di usare
la parola che fa rima, e non diciamo.»
Vedila dal lato giusto, ci diciamo,
invece.
Non dovremo mai vederci che cambiamo.
Non dovremo mai far finta
che ci piace anche la fine
che ci va bene.
Sai, come quando
la sera, sorridente e compìto
il meccanico ti dice: «Erano guai
se non me ne accorgevo!»,
e ti mette in mano un pezzo arrugginito
e ti dice che era quello che è partito
e non andava, ed era il tuo:
«Lo vedi, quel segno nero?»
E tu lo sai,
che non è vero.
E tu lo sai
che non è vero.
E tu lo sai
che non è vero.
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9. |
Tema di Irene
06:46
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10. |
S'arrampicavano
03:19
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S’arrampicavano le bestie sopra i muri
E ricrescevano le piante morte ieri
Si fidanzavano le gatte con i cani
e ci stupivano le gemme sopra i rami,
uno sciupìo,
una fotta di fiorire,
che sembra urlare di
quelle accoglienze da
segnare in calendario,
le manie
di far per forza effetto, e io
pensando a questo, io, lo so, ci provo a esser
contento, fosse in me
ci riuscirei.
Si risvegliavano le tombe e i cimiteri
e ci assalivano le viole coi pensieri,
S’allontanavano le ingiurie e i tempi duri
S’arrampicavano le bestie sopra i muri,
e più nessuna voglia
in verità, ma più una scontentezza, anche
piacevole, con cui si stava bene
anche a finestre chiuse,
pensando che di là,
le cose eran più belle, come
fossero lontane,
lontane ancor di più,
la commemorazione delle cose che
riceverle davvero
non si può.
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11. |
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Tutto è spento.
Io e te, in silenzio
ad ascoltare
la neve
che cade.
(Il rumore
che fa
mentre cade).
Tienimi
qui, ancora,
ancora,
ancora, perché
se no
andremo a casa
e là
non ci sarà
la neve, ma
buio soltanto,
e accanto
un vuoto che
non sa di niente.
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Ismael Reggio Emilia, Italy
Gli Ismael sono una rock band reggiana che ad oggi ha pubblicato quattro album e un EP, caratterizzati dalle liriche di Sandro Campani (voce e chitarra del gruppo e scrittore con tre pubblicazioni all'attivo) che incontrano le trame sonore rock e folk del resto della band (Giulia Manenti, Barbara Morini, Luigi Del Villano, Piwy Del Villano). ... more
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